Introduzione: Un Dilemma da 200 Miliardi per l’Europa
Gli asset russi congelati rappresentano oggi uno dei dossier più delicati e controversi dell’Unione europea. Si tratta di risorse ingenti, oltre 200 miliardi di euro, attualmente detenute dall’istituto finanziario Euroclear. Gli asset russi congelati sono diventati uno dei dossier più sensibili nell’Unione europea: un nodo in cui si intrecciano diritto internazionale, stabilità finanziaria, equilibri politici interni e geopolitica. La questione ha assunto un’importanza cruciale per il sostegno finanziario all’Ucraina e per il futuro delle relazioni tra l’Europa e la Russia.
Cosa Sono gli Asset Russi Congelati
L’espressione “asset russi” si riferisce quasi sempre ai circa 300-350 miliardi di dollari di riserve della Banca Centrale Russa (e in misura minore beni di oligarchi russi) che, dopo l’invasione del febbraio 2022, sono stati congelati dai paesi del G7 e dall’Unione Europea presso banche e depositari occidentali. La Russia ne resta proprietaria, ma non può esercitare i relativi diritti.
Buona parte degli asset detenuti dalla Banca Centrale Russa erano obbligazioni sovrane o titoli di Stato emessi da governi e istituzioni occidentali. Si tratta di strumenti finanziari a basso rischio che, oltre a una cedola periodica, garantiscono il rimborso del capitale alla scadenza. Circa 190-210 miliardi di euro sono depositati in Europa (soprattutto presso Euroclear in Belgio).
La Decisione dell’UE e la Posizione dell’Italia
Recentemente, con 25 voti a favore e due contrari, i Paesi dell’Unione europea hanno adottato la decisione formale di rendere permanente il blocco dei beni russi, gli asset “congelati” da oltre 200 miliardi di euro. Contrari Ungheria e Slovacchia, ma l’Italia, insieme a un manipolo di altri Paesi, ha espresso delle perplessità.
L’Italia, insieme a Belgio, Bulgaria e Malta, ha sostenuto il congelamento ma ha espresso preoccupazioni sull’utilizzo concreto di questi fondi. La decisione odierna, oltre a non pregiudicare in alcun caso la decisione sull’eventuale utilizzo dei beni immobilizzati russi, non costituisce in alcun modo un precedente per il passaggio da decisioni all’unanimità alla maggioranza qualificata.
I Rischi e le Conseguenze
I rischi collegati all’uso degli asset congelati sono molteplici. Decisioni retroattive generano il rischio di contestazioni e contenziosi: chi detiene i beni – in questo caso la Russia – potrebbe reclamare danni e chiedere compensazioni. C’è un problema di credibilità finanziaria e fiducia nei mercati: se l’Ue iniziasse a confiscare asset statali stranieri, ciò potrebbe minare la fiducia degli investitori internazionali nell’inviolabilità della proprietà e nella stabilità del diritto internazionale.
La Russia ha promesso vendetta e ritorsioni contro quello che definisce “furto”. Mosca ha già avviato azioni legali e minaccia di sequestrare beni europei presenti sul territorio russo.
Conclusioni e Prospettive Future
La questione degli asset russi congelati rappresenta un punto di svolta per l’Europa. Finora l’Unione ha utilizzato gli interessi generati da questi asset liquidi per rimborsare la sua quota del prestito del G7 di 45 miliardi di euro all’Ucraina. Il prossimo Consiglio europeo del 18 dicembre sarà decisivo per determinare il futuro utilizzo di questi fondi e il sostegno finanziario all’Ucraina per il 2026-2027.
Per i cittadini europei e le imprese, questa vicenda solleva questioni fondamentali sulla sicurezza degli investimenti, sul rispetto del diritto internazionale e sulle conseguenze geopolitiche di decisioni senza precedenti. L’equilibrio tra sostegno all’Ucraina e tutela della stabilità finanziaria europea rimane una sfida cruciale per i prossimi mesi.